BESSARIONE
La tradizione ha voluto farne un discepolo prima di Antonio poi di Macario il Grande (cf. p. 300), ma non lo sappiamo di preciso. Operò a Scete nella seconda metà del IV secolo vari miracoli di cui parlano gli apoftegmi, ma era tanto umile che per poterli vedere bisognava coglierlo di sorpresa. L’ultimo brano della raccolta (n. 12) ci fornisce qualche dato biografico, anche se tanto pateticamente romanzato dai suoi discepoli, che dovevano amarlo e rimpiangerlo molto. Essi avevano in lui una fiducia così piena da mettergli davanti un morto senza dirgli che era morto, certi che l’avrebbe risuscitato (n. 5), da dirgli semplicemente: «Padre, ho sete», in pieno deserto, nella certezza che egli avrebbe provveduto (n. 4). È una figura molto suggestiva, che sa unire umiltà e ascesi, e potenza di operare prodigi straordinari. Tillemont, nelle sue Memoires, prima di riferire il prodigio dell’acqua del mare resa dolce (n. 1) scrive: «Come Bessarione aveva rinunciato a tutto per essere tutto per Dio solo, così si può dire che Dio si donò tutto a lui, con il potere che egli ha sulle creature» (VIII, 488). Certo ci appare investito di una potenza veramente divina, sugli elementi del creato, sulla vita e la morte (cf. Introd. pp. 42-45). Il grande prodigio di avere arrestato il sole viene citato più avanti come esempio della grandezza della sua generazione rispetto a quelle seguenti (cf. Elia 2). Forse è da riferirsi a lui, forse invece a uno dei tanti di nome Serapione [1] un grazioso aneddoto: egli girava sempre con il Vangelo sotto il braccio, cercando di attuare in tutto la parola del suo Signore. Una volta s’imbatté in un morto e lo rivestì del suo mantello; in seguito incontrò un uomo nudo e rimase nudo per rivestirlo. Gli restava ancora il Vangelo e sedeva nudo «tenendo sotto l’ascella la parola che fa ricchi». Passa un funzionario e gli chiede: «Chi ti ha spogliato?». Ed egli, mostrando il Vangelo, rispose: «Questo! ». In seguito, incontrato per strada un povero, per aiutarlo andò di corsa al mercato a vendere «quella stessa parola che dice: – Vendi quello che hai e dallo ai poveri».
[1] Cf. p. 469. C’è una confusione di nomi nelle fonti. Si tratterebbe di Bessarione secondo il cap. 116 della versione «spuria» della Storia Lausiaca (cf. nota 103, p. 132).