3. Un fratello venne da Scete a dire al padre Ammonio: «Il mio padre mi manda fuori per un servizio, ma io temo di cadere in impurità». Gli dice l’anziano: «Nel momento in cui ti viene la tentazione, di’: – O Dio delle schiere [1], liberami per le preghiere del padre mio!». Ora, un giorno una ragazza chiuse la porta dietro di lui. Il fratello gridò a gran voce [2]: «O Dio del padre mio [3], liberami!». E subito [4] si trovò sulla via di Scete (128d).
[1] 106 Cf. Sal 58, 6 e par.
[2] Cf. Mt 27, 46 e par.
[3] Cf. Es 15, 2.
[4] La subitaneità della liberazione operata da Dio è espressa parecchie volte nei Vangeli per le guarigioni compiute da Gesù con questo avverbio eujqevwı, subito, immediatamente. Certamente questo testo si richiama alla parola evangelica (cf. Mt 8, 3; Mc 5, 42 e par.). È pure uno dei testi capitali per comprendere la grande fede degli antichi monaci nella preghiera di intercessione del padre spirituale. Ammonio non prega come gli era stato suggerito: «O Dio delle schiere, per le preghiere di mio padre…», ma, più radicalmente, usando un’altra formula biblica, dice: «O Dio di mio padre». Simile a questo è un brano della serie sistematica (PJ XIV, 16 = N 293): un fratello, tentato da una ragazza, pregò così: «Signore, per le preghiere del padre mio salvami in quest’ora» (cf. Gv 12, 27). E subito fu liberato. Doroteo di Gaza riprende i due brani nel primo dei suoi Insegnamenti e commenta: «Guardate la potenza della virtù, guardate l’energia di una parola, quale aiuto procura il solo appellarsi alle preghiere del proprio padre!… Considerate che umiltà e che pietà… guardate come hanno unito l’obbedienza all’umiltà…» (I, 23). Il tema è molto caro alla tradizione; basti guardare la voce «intercessione» nell’indice dell’edizione francese delle lettere di Barsanufio e Giovanni.